JOHN CAMPBELL IL MITO
Gentile, pacato, educato e molto articolato nel dare al proprio interlocutore le risposte delle quali necessita. Tutto questo ancor prima d’essere il grande uomo di cavalli che il mondo ha imparato a conoscere, è John Campbell. Proponiamo di seguito una interessante intervista che uno dei più importanti driver della storia del trotto mondiale c’ha rilasciato, spaziando dal passato all’attualità, dall’allevamento di un tempo a quello dei giorni nostri.
Presidente Campbell, dove nasce la sua passione per i cavalli? Sono cresciuto in una fattoria in Ontario, mio nonno e mio padre correvano con i cavalli ed erano anche agricoltori. Li ho sempre seguiti nei cavalli e questo è stato da sempre il mio vero obiettivo principale. Non ho mai voluto fare altro che stare con i cavalli e sognavo di guidarli in corsa: l’inizio di una carriera che mi ha portato a vincere 10.667 corse e guadagnare 299.892.000$.
Una carriera che l’ha portata ad avere qualche rimpianto? Direi di no. Ho raggiunto un successo che non mi sognavo nemmeno quand’ero più giovane e ho corso in gare di cui avevo solo letto l’importanza. L’unica cosa che avrei voluto sarebbe stato qualche infortunio in meno ma quando ho iniziato a guidare ero consapevole che c’erano dei rischi ogni qualvolta si sarebbe verificato un incidente.
Ma quando iniziò veramente la sua carriera? Iniziai a guidare nel 1972 portando in pista un numero limitato di cavalli e principalmente per la mia famiglia. Ho iniziato in Canada e la mia carriera si è successivamente sempre più sviluppata guidando una quantità sempre maggiore di cavalli fino al 1978 quando mi sono trasferito al Meadowlands nel New Jersey. Da quel momento non mi spostai più.
Dei tanti campioni sui quali è salito, quale l’ha maggiormente impressionato? Il cavallo più impressionante e più grande che ho guidato è stato Mack Lobell. Era un campione già a due anni e ha vinto la Breeders Crown. A tre anni si confermò d’essere ulteriormente un grande campione vincendo l’Hambletonian e la Breeders Crown. E’ ancora l’unico cavallo capace di vincere l’Elitloppet in Svezia a quattro anni, corsa che vinse anche a sei anni. Secondo me uno dei più grandi di tutti i tempi.
Quali ritiene essere stati suoi campioni in pista, capaci di dare un contributo anche all’allevamento? Mack Lobell non è stato purtroppo capace di trasmettere il suo essere campione alla prole. Artsplace è stato un pacer che ho guidato e che è stato in grado di avere una importante carriera stalloniera. Muscles Yankee è stato un altro dei grandi cavalli che ho avuto il piacere di interpretare, capace poi di avere una incredibile carriera in veste di stallone. Era un cavallo facile da guidare e aspettava che gli dessi i comandi che volevo che seguisse in corsa. Ha trasmesso ogni grande tratto che aveva in corsa: ecco, Muscle Hill è stato capace di portare questa linea alla generazione successiva. Muscles Yankee ha scritto e Muscle Hill ancora sta scrivendo, una grande pagina dell’allevamento americano.
Nuncio e Wishing Stone, due stalloni attuali specialmente in Europa. Che cavalli erano in corsa? Erano molto diversi, soprattutto per statura. Wishing Stone era molto piccolo con un cuore grande e un atteggiamento vincente in corsa. Nuncio fisicamente era molto più grande ma anche lui come Wishing Stone, possedeva il cuore e soprattutto quella determinazione che hanno quasi tutti i campioni.
Tra le femmine che ha potuto interpretare, quale le ha lasciato qualcosa di speciale? Peace Corps era una femmina speciale per me. L’ho guidata a due e a tre anni. Con lei ho battuto i maschi in diverse occasioni. Purtroppo anche lei non ha trasmesso alla prole le caratteristiche di campionessa che la contraddistinguevano e questo mi ha sorpreso.
Dal sulky alla scrivania. Vero? Ho iniziato il ruolo che tutt’oggi ricopro di Presidente e CEO dell’Hambletonian Society nel 2017: ogni anno sono supervisore dell’Hambletonian e delle Breeders Crown. E’ stata una decisione importante smettere di guidare per assumere un ruolo nuovo, ma stavo arrivando all’età in cui sarebbe stato difficile competere contro i giovani che in quel momento crescevano. Ho preso la decisione giusta.
Quale emozione ha provato quest’anno nel premiare suo fratello in occasione dell’Hambletonian e Hambletonian Oaks? L’Hambletonian di quest’anno è stato davvero speciale con mio fratello vincitore della Finale e delle Oaks. Jim è un eccellente uomo di cavalli, ed ero estremamente felice per lui e orgoglioso di vederlo conseguire un successo di tali dimensioni. Cool Papa Bell non era il mio favorito, pensavo che se avesse fatto un bel viaggio e tutto fosse andato bene avrebbe potuto terminare tra i primi tre, ma ha superato le mie aspettative. Quanto a Fashion Schooner è stata una sorpresa ma neanche più di tanto, poiché è stata trascurata per via del suo numero di partenza, il 10. Tuttavia si presentava come una delle migliori femmine di tre anni. Pensavo che se fosse partita bene prendendo la testa della corsa sarebbe stata difficile da battere.
Dal punto di vista soprattutto economico, possiamo fare un bilancio della giornata dell’Hambletonian? I numeri della giornata sono stati positivi. Il livello delle scommesse è aumentato in modo significativo e ne sono molto felice. L’Hambo è stata una corsa molto divertente capace di entusiasmare il pubblico accorso numeroso considerando che arriviamo da due anni di pandemia. Ora siamo già al lavoro per preparare l’Hambletonian 2023.
Possiamo scattare una fotografia sullo stato di salute del trotto americano? Il montepremi delle corse per i trottatori in America è molto alto in questo momento. Tuttavia il trotto fa affidamento sulla provenienza di denaro esterno derivante da altre forme di gioco d’azzardo. Tutto questo è molto preoccupante perchè se il trotto, in America, perdesse questa forma di entrata, vi sarebbe un effetto negativo sull’intera industria del trotto statunitense.
L’impressione da spettatore esterno è che molti team preferiscano rimanere nei propri Stati a fare soldi, a discapito di alcune grandi stakes. E’ cosi? Ci sono alcune scuderie che preferiscono rimanere a fare soldi nei loro Stati d’origine piuttosto che viaggiare. In una certa misura questo è sempre stato cosi in quanto soprattutto alcuni Stati offrono un montepremi molto elevato nei loro programmi di sire stake. Questo influenza alcune gare del Grand Circuit, ma non influisce sul livello tecnico delle prove più importanti.
Recentemente c’è stato un avvicinamento tra il trotto americano e quello francese, soprattutto per quanto riguarda le linee di sangue. E’ d’accordo? Tutto questo è vero. C’è stato un rinnovato interesse tra il trottatore americano e quello francese. Ritengo che questo sia salutare e penso che più cooperazione internazionale abbiamo riguardo al trotto, meglio è per tutti. Se si mette assieme il pedigree del trottatore americano con quello europeo, altro non potrà che portare ad un miglioramento della razza e creare cavalli migliori e più forti. Penso che anche l’Italia possa svolgere un ruolo in tutto questo, tenendo presente che il trottatore italiano è stato prominente in passato e spero che continui in futuro.
Walner, Muscle Hill e Chapter Seven tutte linee paterne consolidate. Di chi potrebbe essere il futuro? In riferimento ai possibili futuri stalloni ci saranno sicuramente grandi cavalli capaci di emergere e di gareggiare ai massimi livelli. Non possiamo mai sapere da dove arriverà il prossimo campione, certo che mi piacerebbe vedere i pedigree di Readly Express, Calgary Games e Face Time Bourbon presentarsi al trotto americano. Trovo affascinante quello che potrebbero fare per l’American Trotter.
Concludiamo parlando ancora di allevamento: quale sarà la linea femminile del futuro? Ritengo che stiamo assistendo ad un grande successo in razza delle figlie di Muscle Hill e penso che questo accadrà con tutti i migliori riproduttori: le femmine derivanti da essi incrociate con la linea giusta produrranno cavalli di assoluta qualità.