La rubrica della Dott.ssa Carlotta Caminiti. Lesioni ai tendini: tra le cause usura, sfortuna e allenamento sbagliato.
Non vi è mai capitato di scendere da cavallo e di accorgervi che ha il classico tendine a banana, gonfio e caldo? O magari di rendervi conto che il cavallo si è fatto male il giorno dopo, quando andate a prenderlo nel box? Le lesioni ai tendini flessori, il profondo, ma ancora di più il superficiale, sono gli infortuni più comuni, soprattutto per i cavalli utilizzati a scopo sportivo.
Ma cosa intendiamo per cavallo sportivo? Diciamo che ad oggi, la maggior parte dei cavalli che vengono montati, hanno finalità sportive sia che si tratti di gare ad alto livello o amatoriali, o anche solo di passeggiate o trekking, che se fatti seriamente possono essere comunque impegnativi. Tutte queste attività, assieme a delle concause di cui parleremo, in genere sono la causa, diretta o indiretta, di problemi ortopedici come questi. Occupandomi ormai da molti anni di riabilitazione di cavalli infortunati, devo dire di essermi fatta una discreta esperienza sulle tendiniti, che essendo una delle cause più frequenti di stop transitori alla carriera agonistica dei cavalli sportivi, rimangono uno degli infortuni che incontro più di sovente sui cavalli che mi riferiscono in clinica per la riabilitazione.


Se vi dovesse capitare di vedere lo scheletro di un cavallo preistorico e di poterne apprezzare la differenza con il nostro cavallo moderno, vi rendereste facilmente conto di come questi animali si siano evoluti dal punto di vista fisico nel corso di oltre 50 mila anni, con l’intento di diventare sempre più veloci e scattanti.
L’evoluzione in tal senso li ha forniti di una potente arma, la fuga, in grado di proteggerli efficacemente dall’attacco dei predatori in moltissime situazioni, ma che allo stesso tempo ha reso le loro gambe sottili e decisamente più fragili rispetto a quelle dei loro antenati.
Nei cavalli sportivi, le lesioni ai tendini flessori sono motivo di grande frustrazione per i cavalieri, che in un momento si vedono sfumar via mesi, se non addirittura anni, di duro
lavoro, ritrovandosi da un giorno all’altro a non poter più lavorare il cavallo e andare in gara. In tutto questo non si pensa mai a come il cavallo viva il proprio infortunio e il periodo che serve per la sua guarigione, ma è importante sottolineare quanto farsi male sia per il cavallo un evento che psicologicamente lo penalizza molto, indebolendolo nei confronti dei suoi simili e dell’ambiente che lo circonda. Supportarli adeguatamente nel periodo di guarigione è importante anche per questa ragione. Peraltro, il più delle volte il povero cavallo, nell’attesa che il tendine guarisca da solo, viene lasciato in box e mosso solo pochi minuti al giorno, con a disposizione solo il fieno, e spesso in dosi insufficienti. Le ragioni per cui avvengono questi infortuni sono molte e differenti tra loro, ma alla base c’è sempre, come vi accennavo, un apparato tendineo e legamentoso piuttosto fragile, soprattutto nella parte più bassa delle gambe.
Tendini usurati dall’età o dal troppo lavoro, cavalli non allenati sufficientemente o nel modo corretto e quindi con una muscolatura inadeguata a sostenerli nel lavoro che gli richiedete, terreni di lavoro trascurati e naturalmente la sfortuna, sono tra le cause più comuni delle lesioni ai tendini flessori. Dovete sempre pensare che il cavallo in lavoro si muove secondo quello che gli indicate voi cavalieri, su un terreno che non si può scegliere da solo; terreni sconnessi, troppo duri o troppo molli, a cui viene fatta poca manutenzione, secondo me rientrano tra le cause più frequenti di lesioni tendinee.
Se nel vostro maneggio, nel corso di un periodo relativamente breve,

notate la presenza di più cavalli con problemi ortopedici simili, dovete sempre considerare il terreno di lavoro come una delle possibili cause. Non vergognatevi di parlarne con chi gestisce la scuderia, soprattutto perché un tendine lesionato mai più tornerà uguale all’originale, per quanto bene possa guarire. Per quanto riguarda i problemi legati all’età e all’usura di queste strutture fibrose, non c’è poi nulla di così differente rispetto alle stesse lesioni degli atleti umani. Il continuo lavorare sulle fibre che compongono i tendini e i legamenti, insieme ad una senescenza fisiologica dovuta al passare degli anni, indeboliscono queste strutture predisponendole agli infortuni. Molte persone che hanno cavalli ancora belli e in forma si dimenticano facilmente che dopo i 15 anni non sono più dei ragazzini e che, anche per loro, l’età influisce parecchio sul rendimento sportivo e sulle probabilità di farsi male. Un cavallo giovane che si affaccia alla carriera agonistica, avrà statisticamente meno possibilità di infortunarsi rispetto ad un cavallo più vecchio, con magari alle spalle diversi anni di gare, anche ad alto livello. E poi c’è sempre il fattore sfortuna, che purtroppo non ha un target e colpisce sia giovani che meno giovani, in maniera indistinta.
Un movimento sbagliato, uno scivolone o anche una semplice inciampata, sono eventi che possono assolutamente essere inseriti all’interno del gruppo “sfortuna”.

A differenza degli atleti umani i cavalli quando si lesionano un tendine il più delle volte non si limitano ad averlo solo un po’ sfibrato, ma hanno delle lesioni così importanti da essere dei veri e propri buchi, che coinvolgono ampie aree del tendine, evidenziabili in maniera molto chiara attraverso un esame ecografico.
Ma perché le lesioni ai tendini nei cavalli sono in genere così serie?
Una vera risposta non c’è, ma si può facilmente desumere che i cavalieri spesso non si accorgono se c’è un problema quando è ancora nella fase iniziale.
Spesso chiamano il veterinario e procedono con le indagini diagnostiche, solo quando ormai il danno è così importante da generare delle alterazioni visive della gamba impossibili da non notare.
Gli animali, non potendoci comunicare verbalmente se hanno un dolore o anche un semplice fastidio, quindi un problema ad uno stadio precoce non apprezzabile visivamente o attraverso un’alterazione evidente del movimento, sono decisamente svantaggiati rispetto a noi umani.
I tendini, come i legamenti, sono strutture elastiche composte da fibre collagene e da una matrice che ha il compito di tenerle insieme. Queste fibre durante certi movimenti e certe andature sono sottoposte a notevoli stress, soprattutto di trazione, e il punto di rottura può facilmente essere superato. In tendini usurati o che hanno già subito altri infortuni in passato, questo è sicuramente più probabile. Tutti sanno quanto rischi di farsi male un cavallo che ha avuto già problemi simili in passato. La guarigione di una lesione tendinea, infatti, comporta sempre la creazione all’interno dell’area lesionata di un tessuto nuovo di origine fibrosa, che purtroppo non sarà mai uguale all’originale, malgrado la ricerca abbia fatto negli ultimi anni notevoli sforzi in tal senso.

L’area più scura indicata dalla freccia è dove c’è la lesione: in quell’area le fibre che compongono il tendine non sono più integre
L’infiltrazione locale con prodotti di ultima generazione, dal concentrato piastrinico (PRP), alle cellule staminali, fino all’acido jaluronico ad alto peso molecolare, hanno come fine ultimo quello di fornire al tendine una matrice che favorisca lo sviluppo di un tessuto il più simile possibile all’originale, in un tempo più breve. Vi dico più breve anche se nella realtà ai tendini bisogna comunque lasciare il giusto tempo per guarire, sempre, altrimenti per risparmiare un mese di riposo si rischia davvero di vanificare un buon lavoro durato molti mesi. La creazione di un tessuto cicatriziale poco elastico, all’interno di un tendine la cui prerogativa più importante è proprio l’elasticità, inevitabilmente lo penalizza e lo rende un buon candidato alle recidive, soprattutto nei punti in cui c’è la fusione tra tessuto sano e tessuto cicatriziale. È proprio per questa ragione che è importante fare tutto ciò che è necessario per favorire lo sviluppo di un nuovo tessuto con un’elasticità sovrapponibile all’originale. In genere l’infiltrazione con buon substrato su cui lavorare con dei trattamenti quotidiani eseguiti con macchine fisioterapiche di nuova generazione che noi veterinari abbiamo copiato dalla fisioterapia “umana”, come laser, diatermia o ultrasuoni ad alta frequenza, fanno la differenza senza doversi avvalere di vescicanti, antichi rimedi che vengono ancora utilizzati come ausilio nel trattamento di queste lesioni, soprattutto perché sono trattamenti economici.
I vescicanti, che possono essere più o meno forti, inducono una forte infiammazione locale dove vengono applicati, così da convogliare molto sangue nell’area lesionata. Essendo la parte bassa delle gambe un’area normalmente poco irrorata, riscaldare e fare in modo che ci arrivi più sangue è sempre una buona idea. Ad oggi sono moltissimi i macchinari che ci permettono di fare questo senza dover utilizzare sistemi vecchi che hanno la prerogativa di generare inevitabilmente del dolore o, con i vescicanti più blandi, un grosso fastidio al cavallo.

Vi siete mai chiesti perché sull’uomo i vescicanti non si utilizzino?
Probabilmente perché vedrebbero visti come causa di inutili sofferenze, e non è diverso per i cavalli, vi assicuro.
Tutte le macchine fisioterapiche di cui vi ho parlato hanno la prerogativa, tra le altre, di favorire anche la vasodilatazione periferica e l’afflusso di sangue nelle aree che devono guarire.
Ma come si fa a limitare la formazione di un tessuto fibroso poco elastico?
So di essere una voce fuori dal coro, ma il mio obbiettivo, quando mi trovo a dover affrontare un tendine lesionato, è sempre quello di non fermare il cavallo, ma di farlo muovere ogni giorno nel modo corretto. Il confinamento prolungato in box, con magari poco cibo a disposizione perché si ha paura delle coliche, porta inevitabilmente a conseguenze che possono rendere il processo di guarigione una corsa in salita. Il cavallo patisce l’isolamento e questo non è un dettaglio da poco, nel giro di qualche settimana anche il semplice passeggiarlo a mano può diventare, per certi cavalli, un vero rodeo.https://www.youtube.com/embed/IRKWuTch7MM?controls=1&rel=0&playsinline=1&modestbranding=0&autoplay=1&enablejsapi=1&origin=https%3A%2F%2Fblog.uomo-cavallo.it&widgetid=14
È proprio grazie a questi cavalli che quando ho aperto il centro di riabilitazione ho avuto l’opportunità di farmi conoscere: proprietari che non riuscivano più a gestire il loro cavallo infortunato cercavano un aiuto e trovavano me. Naturalmente nel giro di pochi giorni, con il giusto movimento e un’adeguata
alimentazione, i cavalli tornavano tutti ad essere tranquilli e bravi come prima.
La mia esperienza da agopuntore mi dice che la troppa energia che accumula un cavallo confinato, è quasi sempre causa di problemi.
Per altro l’immobilità prolungata promuove nel tendine l’inevitabile formazione di un tessuto di riparazione poco elastico, proprio come quello che non vogliamo.
Molti veterinari consigliano di passeggiare a mano i cavalli con questi infortuni, ma spesso il tempo in cui li si tiene fuori a camminare è troppo poco e con un’andatura più simile alla nostra quando guardiamo le vetrine, piuttosto di quella che davvero servirebbe al cavallo per fare dell’utile movimento.
Io qua in clinica per il movimento dei cavalli ricoverati in riabilitazione sfrutto il treadmill in acqua, la giostra e i paddock. Avete capito bene, i paddock. Secondo me, infatti, la migliore riabilitazione è quella che permette al cavallo di camminare in un paddock, dove inevitabilmente il terreno non è sempre perfettamente in piano e le consistenze del suolo possono variare, dando continuamente stimoli propriocettivi differenti. I paddock devono sempre essere inseriti in un contesto corretto, dove i cavalli possono vedersi tra loro e la scuderia non sia distante.
Un cavallo sereno, a cui viene garantito il giusto movimento, è un cavallo che in genere guarisce prima e meglio.

In tanti anni non ho mai visto peggiorare nessun cavallo perché gli ho dato accesso al paddock, valutando con attenzione la misura più adatta al suo problema e alla sua indole; cavalli con temperamenti agitati, che magari non hanno accesso al paddock da quando erano puledri, devono essere messi in spazi esterni più piccoli, almeno in una prima fase. Con il passare dei giorni sono proprio loro a dirci quando sono pronti per muoversi in spazi più grandi senza fare i matti.
Riferire il cavallo in una struttura specializzata, che si occupi specificatamente di riabilitazione, può aiutarvi a gestire questo problema con tutte le armi migliori, garantendo al cavallo il giusto movimento e le migliori terapie. Questo vi sarà di aiuto per favorire la miglior guarigione, dunque la formazione di un nuovo tessuto tendineo sano ed elastico, nei tempi giusti, che non sempre sono eccessivamente corti, ma che sicuramente saranno più brevi di quelli che ci vorranno per curare il cavallo a casa.

Se avete un cavallo sportivo le lesioni tendinee sono probabili e non infrequenti. La cosa più importante da tenere a mente è che una gestione corretta del cavallo infortunato, che non lo sacrifichi eccessivamente, un’adeguata alimentazione, che gli impedisca di perdere tutta la muscolatura nel giro di poche settimane, insieme a cure ortopediche e fisioterapiche moderne, possono realmente fare la differenza nella rigenerazione di un tendine infortunato che, per limitare le possibili recidive, abbiamo bisogno che sia elastico e solido allo stesso tempo.
Carlotta Caminiti